Lo studio 156/2017 del Consiglio Nazionale del Notariato approfondisce il regime fiscale del prestito vitalizio ipotecario.
Tutte le vicende successive alla scadenza dell’obbligazione di rimborso hanno autonomo rilievo fiscale e non rientrano nel perimetro dell’imposta sostitutiva ex artt. 15 e ss del D.p.r. 601/1973. Lo conferma lo studio 156/2017 del Consiglio Nazionale del Notariato. Ma procediamo con ordine. Scopo principale di tale strumento finanziario è quello di trasformare la ricchezza immobiliare in valori mobiliari. La banca o un altro istituto di credito concedono a soggetti di età avanzata (in base ai normali standard di valutazione del merito creditizio) un finanziamento non finalizzato, con capitalizzazione di interessi e spese annuale ed assistito da ipoteca legale di primo grado su immobili residenziali (in genere di proprietà del finanziato). Il rimborso è previsto in un’unica soluzione alla scadenza, coincidente di solito con la morte del finanziato. È facile comprendere, allora, come ad un immediato vantaggio per quest’ultimo corrispondano una serie di oneri su coloro i quali siano tenuti ad adempiere all’obbligazione di restituzione. Gli eredi, infatti, sia che rimborsino la somma, cedano l’immobile ipotecato o attendino la vendita da parte della banca, resteranno comunque incisi patrimonialmente dagli esiti di una contrattazione intercorsa tra finanziatore e finanziato.
Questo aspetto è significativo proprio dal punto di vista fiscale, non tanto per l’imposta sostitutiva (comunque trattenuta dall’intermediario all’atto dell’erogazione), quanto piuttosto per tutte quelle imposte indirette connesse alla devoluzione dei beni dell’attivo ereditario (imposta sulle successioni, di registro, ipotecarie e catastali). Il successivo trasferimento dell’immobile, infatti, ancorché riconducibile alla garanzia del finanziamento, è dotato di una propria causa e pertanto si colloca al di fuori del perimetro di applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 15 del D.p.r. 601/1976. Ad esempio, l’apertura della successione del finanziato è presupposto determinante per l’applicazione dell’imposta sulle successioni, oltre che delle imposte ipotecarie e catastali. Mentre però nel primo caso nel calcolo della base imponibile si terrà conto, ai sensi dell’art. 23 del T.U.R., dell’ammontare della passività, ciò non accade per le imposte ipotecarie e catastali. In quest’ultimo caso si tassa una ricchezza che nei fatti è solo “istantanea”. Analogo discorso per la vendita del bene ipotecato che, in ogni caso, dovrà scontare l’imposta di registro e quelle ipotecarie e catastali. Ciò ha spinto la dottrina e la prassi a verificare nuove possibilità negoziali. Il citato studio, in particolare, sottolinea come il negozio di affidamento fiduciario consentirebbe di prescindere tanto dall’ipoteca, quanto dalla vicenda successoria e potrebbe considerarsi attratto, in funzione di garanzia, all’operazione di finanziamento e di conseguenza all’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva.
Altro discorso è quello relativo, invece, alle imposte dirette. Lo studio del Notariato, infatti, precisa come la somma ricavata dalla vendita del bene non potrà mai costituire per l’alienante una plusvalenza tassabile, stante la provenienza successoria del bene.
Appare evidente allora come l’istituto del prestito vitalizio ipotecario rappresenti uno strumento negoziale gravoso, proprio da un punto di vista fiscale. Gli eredi, infatti, pur non intervenendo all’atto della stipula del finanziamento, saranno comunque incisi dalle conseguenze economiche di una scelta negoziale rispetto alla quale sono terzi.